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Professione,

La psicologia per una “cultura del futuro”

4 Dicembre 2020
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In un periodo come questo, che avremmo desiderato fosse post pandemico, ed invece è non solo ancora pandemico, ma troppo vicino al trauma collettivo e allo stress relativi alla prima ondata di Covid19, sembra difficile, anche per psicologhe e psicologi, riuscire a pensare al futuro.

Tanto più se all’incertezza del futuro “globale” si sommano le difficoltà individuali, per l’impatto più o meno consistente che il Covid ha avuto nelle vite personali, professionali, di relazione di tutte e tutti noi.

Eppure, oltre che di un sostegno nel presente, è di un pensiero sul futuro, che apra a scenari possibili e praticabili, che hanno bisogno i nostri utenti – pazienti, clienti, studenti – a partire dalle loro diversità di genere, età, orientamento, formazione, etnia, censo.

I dati Istat ed Eurostat descrivono infatti un contesto sociale caratterizzato da elementi di cui occorre essere consapevoli, come professionisti, pensando agli impatti che avranno sulle vite delle persone: 1) una crisi economica perdurante, con una sistematica riduzione delle possibilità di lavoro in quasi tutti gli ambiti professionali; 2) un’accelerazione tecnologica diffusa, che chiede alle persone la capacità di continuare ad apprendere; 3) cambiamenti sociali derivanti dalla fluidità delle traiettorie di vita, dall’emergere di nuove identità, dal rapporto tra diversi gruppi etnici, dall’invecchiamento della popolazione, dalla riduzione della natalità; 4) un’accelerazione dei tempi di vita e una diffusa impossibilità di conciliarli nella quotidianità; 5) un incremento delle disuguaglianze – sociali, economiche, professionali, educative, tra i generi, tra i territori – a causa del Covid19; 6) un aumento diffuso della povertà, con rischio di disinvestimento nell’educazione e nella progettualità, e i correlati effetti di esclusione sociale per le generazioni a venire.

Nel contempo, nello scenario complesso appena descritto, le diverse strategie politiche ed economiche – comprese le Linee Guida del Recovery Fund presentate dal Governo Italiano- sottolineano che l’unica strada percorribile per fronteggiare la crisi economica e sociale, è quella della progettazione di un futuro che sia sostenibile, equo, inclusivo, in accordo con “Europa 2030”, l’Agenda con cui anche l’Italia ha ratificato nel 2015 gli Obiettivi del Millennio, e che si propone di intervenire, a partire dal livello locale, su 17 macro-obiettivi, a loro volta declinati in 169 obiettivi specifici.

Si tratta di Obiettivi che richiamano in modo diretto ed indiretto le competenze professionali di psicologhe e psicologi. Vediamone alcuni: il macro Obiettivo 3, forse il più riconoscibile per la psicologia, Salute e benessere, che si declina ad esempio nel 3.4 “Ridurre di un terzo la mortalità prematura […. ] e promuovere la salute mentale e il benessere”, e nel 3.5 “Rafforzare la prevenzione e il trattamento di abuso di sostanze […. ]”, ma anche nel 3.7 “Garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, compresi quelli per la pianificazione familiare, l’informazione e l’educazione […. ]”.

Ed ancora l’Obiettivo, 4. Istruzione e formazione di qualità per tutti, con il 4.7 “Assicurarsi che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l’educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani, l’uguaglianza di genere, la promozione di una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile”; il 5. Parità di genere, declinato nel 5.1 Porre fine a ogni forma di discriminazione nei confronti di tutte le donne, bambine e ragazze in ogni parte del mondo, e nel 5.5 Garantire alle donne la piena ed effettiva partecipazione e pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica. Infine i macro Obiettivi 8. Lavoro “decente” e crescita economica, 16. Pace, giustizia e istituzioni solide e 17. Partnership per gli Obiettivi (per un approfondimento sui sotto-Obiettivi https://asvis.it/goal-e-target-obiettivi-e-traguardi-per-il-2030/).

Questo significa che gli Obiettivi che abbiamo accennato si potranno tradurre in opportunità di lavoro per le colleghe e i colleghi? Ad una lettura superficiale pare infatti si tratti di azioni -necessarie ed urgenti – per migliorare le condizioni dei paesi in via di sviluppo (non a caso l’Agenda Europa 2030 deriva dagli obiettivi ONU del Millennio, come indicato dall’Obiettivo 1. Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo). E allora perché occuparsene?

Intanto perché ciascuno dei 144 micro Obiettivi, che chiedono cambiamenti esterni, di tipo istituzionale, chiedono contemporaneamente cambiamenti interni. Perché arrivare preparati al futuro, ai mutamenti imminenti e irreversibili, (ri)apre spazi per un ruolo della psicologia quale competenza che promuove e facilita il cambiamento individuale e sociale, inventando buone soluzioni per se’ e per gli altri, “appropriandosi”, attraverso i singoli professionisti e come categoria, di questi spazi, con un’ottica di pensiero e di intervento che con questa complessità si sappia relazionare. Ed evitando magari che questi ambiti vengano saturati, come spesso accade, in maniera esclusiva da chi ha altre competenze in ambito sociale, con le quali si potrebbe e dovrebbe invece opportunamente interagire in prospettiva interdisciplinare. Perché il lavoro che verrà, le disuguaglianze di genere, il digital divide, l’invecchiamento della popolazione, l’esclusione dei gruppi svantaggiati, la fragilità di giovani ed adolescenti chiedono da subito di operare per una cultura del futuro che faccia sentire le persone tutte pronte a quello che accadrà.

Agendo sui diversi livelli contemporaneamente: politico, sociale, istituzionale, professionale. Con grande capacità di lettura e di anticipazione dei processi di cambiamento e con una formazione specifica. Ma anche coinvolgendo le persone stesse nel processo di ‘ri-costruzione’ di società più sostenibili e inclusive. E promuovendo resilienza, solidarietà, adattabilità, legami, reti: tutte capacità e competenze che sono il proprium della psicologia.

Dove farlo? Nelle scuole, con progetti e programmi di Orientamento al futuro. Nei Comuni. Nelle Associazioni. Nel rapporto con il territorio, attraverso la realizzazione di un nuovo Welfare e di una “psicologia di prossimità” in grado di interloquire con le persone e i gruppi nell’ordinarietà del quotidiano, intercettandone i bisogni e promuovendone le risorse.

Elisabetta Camussi

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