Il Manifesto descrive bene gli obiettivi e lo spirito della Federazione. Che punta a recuperare il meglio della tradizione della nostra Comunità professionale per proiettarlo nelle esigenze del futuro.
Non possiamo considerare come positivo tutto ciò che è accaduto o che abbiamo fatto come professione, anche perché siamo una realtà variegata che contiene tante sensibilità ed interessi diversi, magari a volte divergenti.
Non ci servono “narrazioni” di comodo, ma neanche idealistiche o troppo parziali e miopi per partigianeria genuina o faziosità.
Serve capire più che recriminare, costruire più che polemizzare.
E’ fondamentale avere la possibilità di fare queste analisi in modo sereno ed il più possibile oggettivo, di unire tante diversità in uno sguardo complessivo, capace di tutelare l’identità comune, quel “minimo comun denominatore” che consente di appellarci tutte/i come “psicologhe/i” e di sentirci parte di una stessa “Comunità”.
La capacità di guardarsi indietro, di fare bilanci, di apprendere dalla propria “storia” è caratteristica delle professioni che entrano in una fase “adulta”, ed i 30 anni della legge 56 ed i 50 dell’avvio dei corsi di laurea, ma anche il significativo percorso precedente, ci danno oggi la possibilità – e la necessità – di vivere appieno questa nuova fase.
Ecco l’importanza di costruire “spazi” di riflessione, analisi, confronto e proposta. Inclusivi e rispettosi delle diversità ma con la volontà di costruire obiettivi comuni, di creare una forte capacità di individuare l’interesse collettivo, quel “bene comune” che caratterizza le vere “Comunità”.
Non si può pensare solo allo sviluppo dell’“occupabilità” senza pensare che questo non è frutto di espedienti o scorciatoie ma di una identità comune forte e visibile, di una “cultura psicologica”, fatta di valori riconosciuti e riconoscibili, oltre che di prassi operative.
Non si da un “sapere” e un “saper fare” svincolati da un “saper essere”.
Questo anno 2020, a cavallo tra il trentennale ordinistico e il cinquantennale universitario, è l’anno della pandemia, che ci ha insegnato molte cose.
A cominciare dalla validità e dalla urgenza di queste riflessioni.
Perché si sono accesi i riflettori sulla nostra professione, siamo stati capaci di entrare nel dibattito nazionale e di segnalare l’urgenza e lo spessore degli aspetti e dei problemi psicologici.
Ma è necessario un enorme sforzo, una grande capacità propositiva ed unità di intenti per tradurre questa grande ed inedita attenzione in programmi di impegno della professione, articolati e concreti.
E’ una fase cruciale per il nostro futuro.
Ed è fondamentale che la Comunità professionale sviluppi le condizioni per accompagnare consapevolmente, in modo partecipato e condiviso, questo processo così intenso e per molti aspetti così veloce.
La Federazione vuole essere uno strumento per tutto questo.
Per promuovere, sostenere e accompagnare questo processo e questo percorso. Senza unanimismi ma senza settarismi.