Ritorniamo sulla questione che investe il Consiglio Regionale dell’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia. La FIP ha già espresso con un comunicato la propria posizione. Per la FIP gli unici colpevoli sono quelli definiti tali dalle sentenze definitive e passate in giudicato.
È una regola che deve valere per tutti, senza eccezione alcuna.
Queste doverose premesse non ci impediscono di dare giudizi esclusivamente politici a quanto sta accadendo in Sicilia.
La FIP ritiene che una carica ordinistica, un Presidente di Ordine, rinviato a giudizio per un reato, debba far un passo indietro per garantire il decoro della professione.
Sappiamo bene che non esiste alcuna legge che lo imponga, altrimenti non saremmo qui a porre un problema che è squisitamente politico e di opportunità.
I reati contestati hanno a che fare con l’esercizio della Professione ed un eletto, a maggior ragione un Presidente di Ordine nell’esercizio delle proprie funzioni, deve dare prova e dimostrazione di specchiata onorabilità.
Nel caso specifico il Consiglio Regionale che ha eletto la Presidente del Consiglio Regionale dell’Ordine degli Psicologi della Sicilia, ai sensi dell’art. 12 della Legge 56/89 lettera i), adotta i provvedimenti disciplinari ai sensi dell’art. 27.
Come si può pensare di essere giudici e di “giudicare” comportamenti professionali delle colleghe e dei colleghi quando si è imputati in un processo penale che verte anche sulle modalità di esercizio della Professione?
È evidente che viene meno un elemento fondamentale, l’autorevolezza di chi deve giudicare in merito ad una delle principali funzioni che la legge assegna ai Consiglio regionali: i procedimenti disciplinari.
Abbiamo anche letto una lettura, assolutamente legittima, di quanto sta accadendo. Legittima ma inconferente.
Mettere sotto processo le modalità di svolgimento degli incarichi professionali così come sembrerebbero definite dall’Ente committente, è indubbiamente importante. Garantire alle colleghe ed ai colleghi condizioni di esercizio della professione rispettose delle leggi è un dovere.
E’ un dovere di tutte le rappresentanze istituzionali della Professione, nessuna esclusa.
Ma è un dovere anche e soprattutto del Consiglio Regionale dell’Ordine.
L’art. 12 della legge ordinistica, la n. 56/89, definisce i compiti e le attribuzioni del Consiglio regionale. Ebbene la lettera d) del comma 2 recita: “cura l’osservanza delle leggi e delle disposizioni concernenti la professione”; la successiva lettera h) vigila per la tutela del titolo professionale.
Ebbene, se nel caso specifico le condizioni di esercizio della professione imposte alle colleghe ed ai colleghi dall’INPS non rispettino le leggi, ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 56/89, è compito del Consiglio regionale “curare l’osservanza delle leggi e delle disposizioni concernenti la professione”. Vista anche la veste dell’Ordine regionale di Ente pubblico sussidiario dello Stato.
Questi aspetti sono oramai oggetto di un processo e sulle condizioni di esercizio della professione “imposte” dall’INPS alle 27 colleghe e colleghi sarà la Magistratura giudicante a valutare se qualcuno abbia o meno violato le leggi.
Non è questo il compito della FIP. Non sottovalutiamo il problema, ma oggi, e per il caso specifico, solo la Magistratura potrà definirne i contorni giuridici.
Noi riteniamo di dover riportare al centro dell’attenzione il focus di quanto sta accadendo che ribadiamo è strettamente collegato all’opportunità di continuare a svolgere le delicate funzioni proprie della carica ricoperta.
Confidiamo quindi nella sensibilità della collega ed auspichiamo da parte sua un passo indietro.
La Redazione