In questi giorni, nonostante l’imminenza del Ferragosto, si parla di giustizia disciplinare nella comunità professionale per via di una decisione del Consiglio del Lazio che ha emesso la più dura delle sentenze possibili, cioè la cancellazione dall’albo nei confronti di tre psicologhe.
Sembra che la natura delle contestazioni sia più legata alle posizioni di politica professionale delle colleghe che non alla gravità delle “colpe” deontologiche. Poichè non conosciamo nei dettagli questi procedimenti ci asteniamo dal formulare ogni giudizio di merito che, in questi casi, deve essere ben ponderato. Anche perché sono in ballo da un lato il futuro lavorativo di queste colleghe e dall’altro l’immagine dell’Ordine nel caso il Tribunale non dovesse confermare il giudizio.
Vogliamo invece cogliere questa occasione per dire qualcosa che riteniamo di fondamentale importanza: ci riferiamo alla separazione delle funzioni di governo della professione da quelle di giustizia deontologica.
La base di ogni democrazia consiste infatti nella separazione di poteri: chi governa non può essere lo stesso che giudica.
Questo è un principio che si è realizzato nel tempo anche nel mondo ordinistico delle professioni.
Il DPR 137 del 2012, che riguarda tutti gli Ordini professionali con esclusione di quelli sanitari, all’art. 8 stabilisce che “presso i consigli dell’ordine o collegio territoriali sono istituiti consigli di disciplina territoriali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all’albo”, stabilendo l’incompatibilità tra il ruolo di consigliere dell’Ordine e quello di membro del consiglio di disciplina.
Per quanto riguarda gli Ordini sanitari il principio, già contenuto nel Decreto 233 del 1946, che provvide alla ricostituzione degli Ordini sanitari dopo la soppressione fatta dal fascismo, è stato rinnovato dalla legge 3 del 2018 che stabilisce che gli Ordini sanitari “separano, nell’esercizio della funzione disciplinare, a garanzia del diritto di difesa, dell’autonomia e della terzietà del giudizio disciplinare, la funzione istruttoria da quella giudicante” (capo I, art. 1 comma 3, lettera “i”). In sostanza tutte le questioni disciplinari sono istituite da commissioni del tutto estranee ai rispettivi consigli dell’Ordine.
Che è successo agli Psicologi? La categoria è rimasta in mezzo al guado per il suo transito lungo e complicato da Giustizia a Salute.
È assolutamente necessario porre rimedio a questa situazione che è un unicum nel panorama normativo delle professioni ordinate. È chiaro che non è tollerabile che chi governa abbia in mano anche le redini della giustizia disciplinare. La ripartizione dei poteri è un principio fondante le democrazie occidentali. Anche perché da quando rappresentanze istituzionali sono governate sulla base di una gestione del potere fine a se stesso, il sistema su cui si fondava la giustizia deontologica non regge più.
La dimostrazione evidente è sul ben diverso comportamento di due consigli governati dalla stessa maggioranza politica (AP). Il Lazio che applica la “pena capitale” alle tre colleghe mentre la Sicilia sembrerebbe non aver aperto nessun procedimento verso due colleghi ai quali sono stati contestati sul piano penale alcuni reati. Si tratta del Segretario e della Presidente, nel primo caso la vicenda si è conclusa con la prescrizione, il secondo è in corso, ma come è noto questi reati devono comportare un autonomo, distinto e separato accertamento disciplinare.
Due atteggiamenti molto differenti in relazione ai ruoli e alle appartenenze? È solo una domanda ma il solo doverla porre preoccupa e spaventa.
La gestione della deontologia professionale non può essere gestita da chi fa “politica professionale”. Ad oggi non si erano mai verificate simili modalità di gestione delle procedure deontologiche.
Oggi, è evidente, non è più così. Per questo è indispensabile agire affinché anche alla nostra Professione si applichino i principi validi per tutte le altre: affidare ad un giudice terzo la gestione dei procedimenti disciplinari. Metterci mano subito. Senza indugi.
#chigestiscenongiudica
La Redazione