Come accade dal punto di visto meteorologico, anche nel nostro mondo professionale, assistiamo a dei temporali estivi, i quali si presentano come vere e proprie bufere. Il cielo diventa nero al punto che sembra venir giù tutto.
Salvo poi assistere al ritorno del sole ancor più caldo e splendente.
In questo scorcio anticipato di estate stiamo assistendo ad un evento del genere.
Scuole di Specializzazione in Psicoterapia v/s Enpap v/s Consensus v/s mondo intero
In questo tutti contro tutti ciascuno cerca di accaparrarsi il maggior numero di sostenitori e il maggior numero di like.
E c’è chi si propone immediatamente di arruolare nelle proprie truppe il maggior numero supporters.
Nel mondo della comunicazione, il linguaggio bellico oggi la fa da padrona e qual è il modo migliore per semplificare la complessità? Dicotomizzare la complessità.
Sostituire ai ragionamenti il più facile manicheismo secondo il quale è sufficiente che qualcuno individui/indichi/additi il “male” e, quasi per miracolo, questo qualcuno diventa il “bene”. Lo diventa senza alcuno sforzo.
Senza neppure l’obbligo di dimostrare il perché del “male” e del “bene”.
È una filosofia che ben si adatta al mondo di oggi, ad un sistema di costruzione della comunicazione che ripudia la complessità. E la ripudia perché nel e con il manicheismo, è più facile mistificare la realtà, rappresentarla per ciò che non è o per come ci aggrada. Tant’è che sempre più spesso assistiamo a cambiamenti di 180° che mai avremmo ipotizzato; a prese di posizione che sconfessano quando è stato detto poco prima. Il “vero” ed il “falso” non sono più caratteristiche oggettive e verificabili. No. Risiedono in chi, in quel momento decide di assumere l’una o l’altra posizione.
Una luna premessa per affrontare la tempesta in bicchier d’acqua alla quale stiamo assistendo.
La voglia di dividere la categoria
Il manicheismo fa sì che ci sia chi ha interesse a dividere (dicotomizzare) la Categoria contrapponendo Psicologi e Psicologi psicoterapeuti.
Si tratta di una operazione culturalmente ‘disonesta’. Disonesta perché la Categoria è “una”. Perché la “professione” è una. Non esistono due Categorie o due Professioni. Abbiamo la ventura di condividere con un’altra professione, quella medica, la possibilità di formarci per l’esercizio dell’attività psicoterapeutica. Si badi bene: esercizio di una attività, non di una professione.
È una operazione disonesta perché è finalizzata esclusivamente ad accaparrarsi fette di consenso e, qualcosa dice, fette di mercato.
Che se andiamo a vedere bene sono la stessa identica cosa. Perché oggi accaparrarsi il consenso significa accaparrarsi fette di mercato e viceversa. Chi ha ampie fette di mercato crea anche grande consenso.
La dimostrazione che sia una operazione, culturalmente, disonesta lo dimostra la quotidianità della nostra professione.
Una quotidianità fatta di convivenza pacifica alimentata dallo spirito di colleganza. Colleghe e colleghi che a migliaia lavorano nella scuola, nelle cooperative sociali, nel terzo settore, nei servizi sociali, nel mondo delle aziende e del personale. Decine di migliaia di colleghe e colleghi che, in questi ultimi due anni, hanno visto crescere il consenso interno alla professione, la credibilità rispetto a ciò che fa lo psicologo. Un mandato sociale sempre più forte che avanza richieste chiare: l’intervento dello Psicologo e l’importanza della psicologia.
Un mandato ed una domanda sociale chiara e forte che quando ha bisogno di uno psicologo sa anche scegliere, che è capace di discernere se ha bisogno di uno psicologo esperto in psicologia del lavoro, scolastica ecc. Gli stessi corsi di laurea hanno diversificato l’offerta formativa con l’istituzione di indirizzi sempre più diversificati utili ad intercettare le domande ed i bisogni dell’utenza.
Un mandato ed una domanda sociale che quando vuole risposte in ambito psicoterapeutico, sa scegliere; sa indirizzarsi e sempre più spesso sceglie psicoterapeuti laureati in psicologia.
Qualcosa vorrà dire?
Cui prodest?
Forse dobbiamo porre una domanda la cui risposta fugherebbe ogni dubbio: Cui Prodest?
A chi fa comodo dicotomizzare la Categoria e la Professione? Due possono essere le chiavi di lettura: la prima gli interessi economici; la seconda il consenso.
Ma la Psicologia e gli psicologi hanno proprio bisogno di alimentare ciò, in modo assolutamente surrettizio?
Sono divisioni che non hanno motivo di esistere, semplicemente perché non esistono. E se anche fosse arrivato il momento di rivedere alcuni passaggi e contenuti della nostra Professione, siamo proprio certi che questo sia il momento giusto? E soprattutto la modalità scelta sia la migliore disponibile? La migliore non in assoluto, ma almeno tra quelle utilizzabili?
Il timore è che, tra gli interessi della Categoria e quelli di gruppi ristretti, prevalga il manicheismo, che può anche essere utile a coprire uno storytelling usurato e che non regge più. O molto più banalmente delle oggettive difficoltà, che sperano siano temporanee e recuperabili.
Ma nel frattempo, chi pagherà i danni inferti alla credibilità della Professione tanto faticosamente costruita in questi ultimi due anni?
La Redazione