Il Tour della Salute, con sportello psicologico FIP, programmato in tutta Italia, giunge nella città di Pescara con l’intervento dei colleghi Emanuele Matteo Cerone e Anna Di Profio.
Il contributo del Dott. Cerone che illustra la positiva esperienza durante l’iniziativa abruzzese
Consulenze totali: 24 | Sabato, consulenze 11 | Domenica, consulenze 13
<<Nella tappa Pescarese del Tour della Salute abbiamo accolto 24 persone in regime di consulenza psicologica nello spazio della FIP all’interno del Truck appositamente preparato.
Insieme al consulto cardiologico, diabetologico, per l’udito e posturale eravamo presenti con lo sportello di ascolto psicologico.
Lo sportello si è dimostrato un punto importante per i cittadini che hanno dimostrato grande sensibilità e attenzione al tema della propria salute psico-fisica.
Le difficoltà portate alla nostra attenzione erano di natura diversa:
- Relazionali/familiari/coniugali
- Prendere decisioni (problem solving)
- Ansia e stili di vita scorretti
- Gestione della rabbia
- Identità sessuale
- Gestione di patologie croniche
- Post covid (difficoltà fisiche ed emotive)
- Lutto
- Solitudine
Oltre a problemi legati alle patologie croniche, anche incomprensioni familiari, difficoltà di comunicazione con il partner e i figli, paura nell’esporsi, fatica a gestire il lutto e le separazioni, etc.
Una grossa fetta di queste problematiche trova la sua cornice dentro i due anni appena trascorsi. L’ansia e la paura passate durante il picco pandemico hanno acuito e portato alla luce quello che forse era già presente, ma contenuto da un impianto sociale di vicinanza e “normalità”.
Molte delle persone accorse hanno trovato il post covid, inteso sia come uscita dalla malattia che come re-inizio di attività sociali, come un ulteriore periodo di smarrimento. Troppo poche le possibilità di accedere a dei servizi di cura alla portata di tutti, il bisogno di un sostegno diversificato e pubblico, la necessità di trovare uno spazio di accoglienza non ghettizzante né tantomeno “di lusso”. Sembra essere molto forte la paura che alcuni pensieri possano diventare uno scoglio troppo grande da superare, idee ricorrenti sulla malattia mentale e su quelle fisiche. Lo spettro della morte per “solitudine”. Come molto presente la paura di diventare “pazzi” e “incompresi”, perché stanchi e affannati. Queste le parole delle persone che hanno cercato la consulenza psicologica.
Moltissime (su 24, 22 persone) hanno mostrato la volontà di intraprendere un percorso e hanno richiesto a noi colleghi come poter fare per risolvere per i loro “problemi”, a chi chiedere aiuto sul loro territorio.
Il bilancio del lavoro svolto è estremamente positivo, parlando anche con gli altri colleghi medici le persone che hanno richiesto una consulenza di vario genere sono state moltissime. Abbiamo rilevato un sostanziale aumento della sensibilità di tutti alla prevenzione fisica e psichica.
A tal riguardo lascio qui le parole di una persona che mi ha detto: non sapevo che fare e come farlo, per questo sono qui. Ho soltanto voglia di stare bene.
Impressioni personali
È stata la prima volta per me su un truck, a fare consulenze in piazza in collegamento con altre specialità battendo la strada della prevenzione.
Mi sono sentito un po’ come quegli psicologi degli anni ’70 che andavano col furgoncino a portare la psicologia e le sue capacità trasformative direttamente sui territori più problematici.
Stando in quello spazio mobile, bellissimo nelle sue vetrate permeate dalla luce, il mio respiro era calmo nonostante l’emozione. Prima di entrare ho immaginato lo spazio in cui mi sarei seduto. Cosa avrei provato e come avrei reagito ad un nuovo posto, una nuova sedia, delle pareti nuove. Ho pensato alla prima persona che sarebbe entrata, al tempo dell’attesa e del mio silenzio. Ho visto che tutto si è sciolto, le mie tensioni e la smania di fare bene, nel momento stesso in cui si è seduta davanti a me la prima persona. Ho notato che si guardava intorno non sapendo se sedersi, in piedi i rumori nelle altre stanze le facevano girare la testa, l’ho accolta e le ho chiesto se voleva sedersi, lo ha fatto lei e poi io. Ci siamo guardati e ha iniziato a parlare. Non dico che tutto intorno a noi è sparito, i rumori ancora c’erano, ma l’impressione che quello spazio fosse solamente nostro si è materializzata quasi immediatamente. Il tempo della consulenza è importante, è di ascolto e di accoglienza. Può essere un sostegno per iniziare una salita difficile, lo psicologo ha il compito di lasciarsi superare e condurre dalla persona che ha davanti, lei ce la può fare.
Con questo spirito ho accolto i giorni sul truck del tour della salute.
C’erano persone che sono arrivate da noi un po’ in sordina, dicendo: sa, ero qui ad aspettare e ho bussato. Altre che: non so cosa dire, non ci sono ma andato dallo psicologo. Altre ancora: prima del Covid non ci sarei mai venuto su questo autobus. Abbiamo notato come il Covid e la pandemia siano stati una spinta alla ricerca del benessere fisico e psichico. Ci siamo spaventati molto e, nonostante la ripresa e la resilienza, facciamo fatica a stare in equilibrio tra il passato e il presente. Abbiamo paura di rientrare in una realtà che sembra così lontana in quei giorni di chiusura ed isolamento. Abbiamo paura di un percorso accidentato davanti a noi. Lo spettro della morte e delle malattie invalidanti aleggia come un avvoltoio se pensiamo a cosa faremmo in un’altra situazione di lockdown. Non solo, è grande la paura di essere soli, incompresi e impotenti di fronte ai grandi cambiamenti a cui il mondo va incontro ogni giorno. Le guerre sono uno di questi, portatrici di sventure e di perdite, con l’aggiunta dello spettro dell’invasione e della mestizia che queste portano con sé, della delinquenza e delle violenze: dal mare fino all’interno di ognuno di noi.
I racconti delle persone che ho ascoltato erano costruzioni impastate con rabbia e dolore, c’è chi ha pianto e chi si è trattenuto. Chi ha sorriso e chi mi guardava in cerca di un alleato, chi ha stretto le braccia sul petto e chi, invece, ha stretto le mani forte intorno alla sedia.
Tutti hanno condiviso, però, la loro voglia di serenità. Che non è voglia di essere normali, ma solo la speranza di essere capiti.
Ho notato che le persone che sono venute a cercare me e la mia collega con cui ho condiviso “la stanza” avevano per noi lo stesso occhio di riguardo che avevano per il cardiologo, per il dibetologo, per il tecnico dell’udito. Insomma, eravamo tutti “dottori”. Esperti a cui appoggiarsi, con cui andare alla ricerca di un punto di partenza per una strada nuova verso il benessere personale da cui iniziare la discesa.>>
Dott. Emanuele Matteo Cerone