Sembra ieri quando i Mass media ci portano a conoscenza di una nuova malattia virale respiratoria, sviluppatasi a Wuhan; trattasi di una malattia sconosciuta, anonima, mortale. Si parla del ceppo virale della specie coronavirus correlato alla SARS, Sars-CoV-2, “Severe acute respiratory Syndrome Coronavirus 2”, quale sindrome acuta respiratoria grave, caratterizzata da sintomi di gravità anche molto severa. “Sembra ieri”, ma sono passati ben TRE ANNI da quel terribile periodo.
Il 31 dicembre 2019, le autorità sanitarie cinesi hanno notificato un focolaio di casi di polmonite ad eziologia non nota nella città di Wuhan e, da lì a breve, la situazione è degenerata fino a quando, l’11 marzo 2020, l’OMS, dopo aver valutato i livelli di gravità e la diffusione globale dell’infezione da SARS-CoV-2, ha dichiarato che l’epidemia di COVID-19 deve essere considerata una PANDEMIA.
Nel giro di poco iniziano a far parte del nostro vocabolario quotidiano parole che hanno contribuito ad un senso di oppressione psicologica, di preoccupazione, di terrore per se stessi e per i propri familiari, cercando di proteggere, il più possibile, i soggetti fragili dal virus.