Caro Direttore,
ho letto con profondo stupore le argomentazioni pubblicate sul vostro giornale dal neurologo Sorrentino a proposito dell’omicidio di Giulia Cecchettin.
Mi sono sempre attenuto alla regola deontologica e alla prassi scientifica di non costruire diagnosi a distanza. Buona pratica che, a quanto pare, Sorrentino ritiene superflua. Quel che invece Sorrentino sembra considerare indispensabile è un trattamento farmacologico generalizzato. Non solo per Turetta, per l’intera popolazione italiana o quantomeno per tutti coloro che, spesso con fatica e vincendo lo stigma sociale e le perplessità personali, intraprendono un percorso verso il benessere psicologico. E questo perché, sempre a giudizio di Sorrentino, il disagio psicologico sarebbe un disturbo cerebrale.
Mi astengo da qualsiasi ulteriore commento su posizioni che inquadrano i problemi soggettivi della psiche come malattie oggettive del corpo. Mi limito a segnalare che ridurre la comprensione e la cura della psiche a semplice cura del cervello è un approccio che la ricerca scientifica ha superato da molto tempo. Vorrei invece che passasse in modo chiaro e inequivocabile un dato di fatto acquisito: la psiche è ciò che ci rende umani ed è la realtà più complessa con cui abbiamo a che fare.
Lo dimostrano le tante, tragiche situazioni che hanno per protagoniste persone che, pur seguite da vari specialisti, psicologi e psichiatri, anche con l’ausilio di farmaci, si sono concluse con tragici atti di violenza. Non si può ridurre la psiche al suo organo e non si possono riportare indietro le lancette della scienza.
(Fonte: LaStampa)