Leggo in articoli di propaganda elettorale che serve un CNOP autorevole e coeso per il futuro della professione, solido e compatto. Questo risultato verrebbe raggiunto, secondo gli autori, se una sola ed unica associazione si trovasse a governare, nello stesso tempo, tutti o gran parte degli Ordini territoriali e il CNOP, oltre che l’ENPAP per il quale si voterà i primi di marzo.
Credo di essere la persona meno indicata per dare un giudizio sul CNOP di questi anni, lascio perciò il giudizio a chi ha seguito il lavoro fatto, a chi ha potuto maturare una valutazione consapevole al di là della propaganda di parte.
Ritengo però di essere titolato a raccontare i fatti che ho vissuto in prima persona e di poter, alla luce dell’esperienza maturata, esprimere alcuni auspici.
Il CNOP, nel 2020, all’inizio della consiliatura che ora si chiude, ha trovato una maggioranza su un programma di valori e di obiettivi, non sulla comune appartenenza ad una unica associazione. Anzi, storie e tradizioni diverse si sono ritrovate dentro un progetto aperto, che non escludeva pregiudizialmente nessuno. E la forza di una pluralità che si incontra è dimostrata dalla compattezza e unità di intenti di questi cinque anni, nonostante le tante sfide e difficoltà.
La storia di questi anni non ci consegna l’auspicio di un governo “monocolore”, magari esteso a tutti i livelli e forme di rappresentanza della professione, che somiglia poco per la verità ad una democrazia, semmai ci mostra che la forza di una comunità è nel riconoscimento, nel rispetto delle diversità e nel valore del confronto, nello sforzo di trovare una sintesi che rappresenti gli interessi generali.
Quindi non mi sembrano condivisibili gli auspici di un voto che semplifichi il panorama della professione affidando il suo destino ad un unico soggetto.
Le sfide che abbiamo davanti sono molte, delicate e importanti perché siamo molto cresciuti come professione e non ci sono conquiste senza rischi, onori senza oneri, perché sono stati aperti molti cantieri promettenti da gestire bene, perché costruire è un lavoro lento e faticoso mentre distruggere può essere facile e veloce.
E questo richiede maggiore inclusione, rappresentatività, capacità di confronto e di costruire sintesi non certo di meno.
Il lavoro di questi anni mi ha insegnato che la forza e la soluzione dei problemi non nasce dalla omologazione ma dalla capacità di costruire obiettivi condivisi e comuni, dí rispettare la dignità di ciascuno.
Sono questi a mio avviso i valori che ci servono per continuare a crescere bene come professione, non come mera sommatoria di singoli ma come una comunità di persone.
David Lazzari